Miriam Castelnuovo presenta:
TRAVELLING ARTS PROJECT Alluminazioni. Via Camposampiero 129 – Roma
La Mostra “Alluminazioni , Via Camposampiero 129” il cui nome dal suono decisamente onomatopeico, trae la sua origine e senza troppa fatica, dalla materia di cui son fatte le opere stesse. Ma anche dal luogo in cui queste sono ospitate: un capannone costruito in lamina di alluminio, prossimo ad ospitare al suo primo trasloco l’Officina di Carrozzeria Beautiful Car già esistente al civico 173. Il primo luglio infatti si inaugura il Traveling Arts Project, un progetto che proseguirà con continuità nel tempo e il cui obiettivo sarà quello di allestire esposizioni con opere d’arte in contesti inusuali purchè in sintonia reciproca: il luogo e le opere saranno per sempre legati da un filo conduttore che ne riconfermerà una corrispondenza di intenti.
Ciò che Miriam Castelnuovo critico d’arte ed ideatrice del progetto ha voluto presentare è l’idea di un Arte che possa itinerare di luogo in luogo, senza più l’ossessione di essere ospitata in luoghi istituzionali o peggio ancora locali per cui viene richiesto qualcosa in cambio per una collaborazione. L’Arte porta con se solo un messaggio di accrescimento culturale oltre che estetico ed è sempre il risultato di tanto lavoro e di tanta fatica: come tale dovrà essere accolto, stimato e rispettato. Così come gli operatori che contribuiranno volta per volta e in modo diverso e con risorse diverse a supportare questa nuova idea. L’intento è quello di mettere in Mostra la qualità dei lavori e cercare di contrastare l’ipocrisia di un certo mercato le cui leggi son ben distanti dal considerare questo soltanto, quale l’elemento chiave da cui partire per una esatta e corretta valutazione in termini di affermazione e non soltanto economica.
Traveling Arts Project quindi accoglie artisti che siano tali “fino al midollo” e luoghi in cui ospitare mostre disposti a farlo gratuitamente contribuendo con un piccolo sforzo per trovare sempre un punto di collegamento tra le opere esposte e il loro ambiente, affinchè il progetto di rendere l’opera itinerante possa sempre mantenersi coerente e in modo trasparente: sia per un assonanza di temi tra opere e luogo, sia per una storia che li unisce anche se in modo diverso, sia per il nome di una strada che sia uguale a quello dell’artista ospitato, insomma qualunque elemento sia escogitabile, sarà l’unica scusa che potremmo ammettere nel dare ampio spazio a chi se l’è cercato.
Luca Bellomo realizza con impeto geniale i suoi Robot, utilizzando pezzi di elementi di arredo termoidraulico con cui riesce a creare incastri e a modularne le giunture senza mai forzare o modificare la naturale morfologia di ciascun elemento utilizzato. Tutto segue un processo naturale e prende forma solamente nel momento preciso in cui tutte le componenti trovano corrispondenza tra loro e uno stesso casuale assemblaggio. Luca Bellomo colloca le sue creature in una dimensione da cui poter esorcizzare con velata ironia il suo tormentato mondo immaginifico, presentandoli sulla scena come in preda ad un ossessione contemplativa (Dove siamo? Da dove veniamo?) e tuttavia in pieno contrasto con un’altra e opposta espressività, per cui si connotano di quel disarmante candore che sarebbe difficile da riscontrare perfino nel più desiderabile dei giocattoli. Ed è a questo particolare elemento, legato ad una forma invincibile e immortale come a quella di un Robot, a cui ci si affida nella speranza comune per il ritorno alla trasparenza etica e morale, contro l’insorgere di torbide ambizioni e disattese prevalicazioni.
Sono soggetti tratti dal mondo umano e animale quelli realizzati da Antonella Privitera comunque appaiono come figure snelle e scattanti, sempre inafferrabili anche quando superano i confini della superficie in lamina di alluminio che fa da loro supporto. Il concretizzarsi di una diversa tattilità del colore si accentua nell’aggettarsi di alcuni particolari rivestiti in pelle poi dipinta e nell’esaltazione di una terza dimensione che più semplicemente si traduce nella ricerca personale dell’artista, per una via di fuga, sottesa da quel senso di movimento che si riscontra nei suoi lavori come l’elemento ricorrente. La teatralità delle opere, anche quando son prive di figure, viene confermata dall’imponenza del loro stesso impianto così come il messaggio che ne sottende e la sua accezione fortemente simbolica. Osservando le opere di Antonella Privitera si assiste ad un’abile ma forse inconsapevole gioco di alternanze, tra magia antropomorfa e tensione affabulatoria che poste in primo piano, paiono volerne mascherare quei contenuti più profondi.
INAUGURAZIONE Mercoledì 1 LUGLIO ORE 18.30 – 21.00