L’HORA FELIZ di Valentina De Martini
“Hora Feliz” è l’intento con il quale Valentina De Martini ha riunito quest’ultima serie di opere, di cui le ombre, sole protagoniste, agiscono come catalizzatrici del proprio pensiero, significanti del “tantra personale” che l’artista diffonde nell’etereo dissolversi dentro il suo atelier, in simultanea simbiosi con le melodiose composizioni di Fryderyk Chopin. Valentina De Martini è l’artefice di questa esatta combinazione capace di stimolare nuovi interrogativi, sotto forma di ostinate ma divertite apologie i cui sillogismi si intessono tra affabili condizionali che l’artista ha lasciati volontariamente irrisolti. Valentina persevera intellettualmente ed emozionalmente verso un sensuale superamento dei consueti percorsi estetici per indurre gli altri a riflettere sui meccanismi della sua personale visione, ma lasciando che questa possa essere interpretata in modo autonomo; come se l’artista comunicasse un messaggio o solamente un frammento di un più ampio discorso, di cui poter discutere reciprocamente.
L’artista non è soltanto un essere creativo che si affranca dalle sue primitive intuizioni per poterle vedere riconfermate solo ad opera conclusa. De Martini vuole andare oltre, sconfinare il limite della mediocrità al fine di stimolare un globale risveglio di energie positive, per poi lasciare che esse si diffondano libere così come l’intima percezione che ciascuno ha del suo atelier, come del luogo per esse prescelto.
L’artista di fatto è deciso a mettere in scena una selezione di fattori capaci di sviluppare uno stato di equilibrio condiviso e condivisibile, di sensazioni nuove e del particolare evento culturale che non è più fine a se stesso.
Silouhettes così laboriosamente delineate nella loro paradossale eleganza, emergono sullo sfondo delle tele, ora tra colori luminosi anche quando volutamente scuri, ora nella loro apparenza altrettanto esile ma tesa al monocromo – frutto di un’equilibrata esitazione stilistica – ancora ben poste in evidenza per l’impianto scultoreo che le contraddistingue. Entrambi gli stili, se messi a confronto e ai quali si aggiunge la sperimentazione dei differenti formati delle tele non più tutte omogenee tra loro, son di fatto complessivamente il risultato naturale di un’unica idea: sono gli strumenti scelti da Valentina De Martini come nuova misurazione del tempo infinito e cosmico, attualmente regolato con ineguagliabile eccellenza dagli armoniosi suoni delle composizioni musicali dei primi ‘800 sino a quelle dei più grandi maestri della musica jazz.
Per questa ragione, nulla di quanto prodotto sino ad ora, può considerarsi stilisticamente superato da Valentina stessa e tanto meno archiviabile come l’espressione storica di una fase o di un periodo ormai lontani.
De Martini si definisce artista ciclica in divenire che si ripercorre, che non procede linearmente in uno sperimentalismo fine a stesso, ma piuttosto dimostra con ciascuna variazione, in ogni alterazione materica rispetto al momento precedente, la volontà per una rinascita interiore, intenta a decodificare in segni e colori i volumi e i giochi di luce o di sole ombre. Speciali atmosfere si leggono attraverso le parole segnate sui corpi protagonisti delle opere o a margine, tra i loro confini delineati sulla tela: parola dopo parola, stratificazioni verbali che ora si ripetono, ora si cancellano, per lasciare spazi aperti destinati all’eventualità di un’identificazione proprio con l’artista stesso.
Ne emergono immagini come risultati di una voluttuosa apnea, il cui respiro profondo è reso tale dalla voglia di sapere che l’artista finalmente appaga nelle letture eterogenee. Ma sempre con il proprio pensiero rivolto all’ascolto della musica, finalizzato verso una più ampia ristrutturazione verso quest’arte combinata così come da lei escogitata, secondo leggi dettate dal piacere della libera interpretazione.
Valentina da sola è in grado di intrecciare codici letterari e visivi. Traduce immagini vive e tratte dai suoi pensieri contemporaneamente, così come da lei vengono recepite fisiologicamente e intellettualmente, secondo un’affascinante processo liturgico da cui dipendono possibili fattori inconsci eppur sempre emozionali. Parlano e comunicano energia positiva le opere di questo sua ultima fase stilistica, proprio la stessa a cui la De Martini chiama nel suo volontario coinvolgimento tutti coloro che vivono come ombre pur non sentendosi tali, in questa diffusa percezione di una contemporaneità devastante, capace di affliggere gli entusiasmi più avvincenti e di spegnere le passioni più ardite.
Approfondendo la conoscenza con Valentina, se ne deduce il linguaggio copioso di idee esuberanti, la cui trasparenza tanto volitiva si evince nella produzione delle sue stesse opere. Con Hora Feliz si entra in un mondo che porta il suo nome e che consiste in un ulteriore parametro fortemente stabilito dall’artista, per cui è possibile rapportarsi in un’armonica sintonia con il suo stesso universo: l’arte non è necessariamente sinonimo di angoscia, tormento, pena la cui cura talvolta si ricerca invano nel più sterile filosofeggiare.
Al contrario l’arte è in grado di risolvere la natura incompleta di un’esistenza.
Valentina De Martini ha saputo cogliere in tanti anni di lavoro i segreti del proprio io; ha intuito spogliandolo da ogni intellettualismo e da ogni pretesa raziocinante, il senso ludico dell’esistere, la pura bellezza delle forme, senza la necessità di creare congetture ma semplicemente lasciandosi trasportare dal senso che la felicità può dare ad ogni cosa, così da renderla migliore.
Miriam Castelnuovo