Maddalena Martinengo si racconta con un fiore….
Maddalena Martinengo, artista torinese, elegge la città di Roma Caput Mundi, quale destinazione prescelta per la prima Mostra personale mai inaugurata in Italia fino ad ora.
La Martinengo presenta in questo momento dei lavori quali frutto di un evoluzione personale, con cui tuttavia non intende tralasciare quel senso di purezza ed eleganza, la cui origine risiede nel disegno e che tutt’ora è riscontrabile nella minuziosa osservanza nel tratto delle pennellate e che la accompagna dagli anni della sua formazione fino a questo momento. Alcuni disegni a sanguigna presenti in mostra alla Cà D’Oro, accanto ad un incisione in acquaforte e ad un acquarello, sono infatti preziose indicazioni che confermano una conoscenza approfondita delle diverse tecniche da parte dell’artista. Maddalena, dietro il suo aspetto sensuale e delicato, cela una personalità determinata ed esigente prima di tutto con se stessa. Ecco perché, nell’apprendere la sua biografia, non si può che restare sorpresi nel constatare un sostanzioso background professionale da cui emerge primaria l’esigenza di evoluzione personale: il testarsi costantemente, il rifiutare la monotonia delle cose e del loro aspetto, infine quel dolce affaticarsi nei più stimolanti studi per la ricerca di nuovi temi e nuove tecniche sempre più raffinate ed elaborate.
“Il ritratto è la mia forza”, sono parole di Maddalena Martinengo e se ne ha subito la conferma osservando il disegno a sanguigna “Jhon e Eva, nell’amabile gelsomino”, esposto in questa Mostra. Ed è per questo che Maddalena oggi continua a dipingere ritratti su committenza come fossero la sua linfa vitale; la stessa linfa di cui si è servita per disegnare o semplicemente citare i nomi di fiori nelle tele del passato come nelle più recenti, quali puri accenni decorativi o reali esempi di paesaggi circostanti.
Se dunque per l’artista il ritratto è la sua forza, ancora più si fa attuale il pensiero “Dillo con i fiori” laddove il fiore si fa verbo: esso stesso diviene parola assumendo un significato elaborato che prende le distanze dall’elemento decorativo seppur naturalistico, stabilendo un discorso ancora più intimo e sentimentale tra lo spettatore e ciò che Maddalena così meravigliosamente dipinge.
Il Fiore è il protagonista assoluto della tela e vive attraverso di essa in un delicatissimo accostamento cromatico, anche quando Maddalena usa le tonalità più forti dei blu e dei rossi. In questo caso il fiore non parla, ma grida e trasmette la forza che risiede nella sua natura perfetta e che va oltre quel suo aspetto delicato: “ogni evoluzione vitale nel linguaggio è anche evoluzione del sentimento” (T. Eliot)
Chissà se Maddalena Martinengo nel dipingere questi esempi di naturale bellezza ha inconsapevolmente scoperto una parte di sé.
“Nessun fiore ha un significato negativo in quanto è un fiore…”. L’artista con queste parole parla di sé, di come i fiori le sappiano regalare emozioni positive, insieme all’entusiasmo quasi intransigente verso un genere di pittura personalmente nuovo: i fiori diventano veicoli attraverso i quali dare voce a quell’insieme di impressioni custodite fino ad ora gelosamente ma già elaborate interiormente e dunque finalmente pronte per essere accolte sulle tele.
Dunque lasciamo “Les fleurs du mal” a Baudelaire e a quella drammatica incisione interpretata da F. Bracquemond per la copertina della stessa celebre raccolta di Poesie. Proviamo per un momento a non sentirci investiti nell’unico ruolo di essere umano e nel tentativo di esprimere i propri pensieri con i fiori. Fingiamoci insetti, uccelli, farfalle che si nutrono dai pollini e per la prima volta osserviamo questa natura da vicino, molto da vicino, approfittando di quello che l’artista ha rappresentato con le sue tele per noi.
Adesso è possibile immaginare quella fusione di intelletto e sentimento, celebrata dai poeti metafisici e che di fatto ascoltavano il loro pensiero “immediatamente come il profumo di una rosa.
” Inevitabilmente ci si sente immersi in un profumo vero e intenso, assoluto e immaginario come il desiderio più istintivo di palpare la leggerezza vellutata dei petali.
Nessuno ha raccolto quei fiori concretamente, Maddalena li ha colti con lo sguardo, li ha penetrati per poi evidenziarne i particolari più nascosti attraverso l’uso di tecniche miste: ora utilizzando il gesso, ora l’acrilico. Martinengo con i suoi quadri non soltanto compie un’operazione estetica, ma traduce in magia la volontà di mediazione fra il mondo e l’umanità che lo abita. La sua immaginazione si proietta sulle tele, ordinando la natura e con l’intenzione di risvegliare negli sguardi di chi osserva i suoi lavori, un’armoniosa intuizione intellettuale dell’universo, altrimenti troppo spesso percepito come incoerente e contraddittorio.
I Fiori dipinti sulle tele, sono l’emblema di una perfezione oggettiva che nel tempo è stata accresciuta da simbolismi di cui spesso l’uomo si è appropriato; talvolta ne ha fatto uso con la presunzione di poter esprimere la parte migliore della propria persona, talvolta ha creduto di presceglierne un genere che ne rispecchiasse il proprio senso estetico. I fiori di Maddalena, si trasformano in elementi raffinati per ambienti sofisticati: le cornici non ne delimitano l’energia espressiva, ma continuano con decorazioni a contrasto e volutamente moderne e innovative nella tecnica – vedi l’introduzione di polvere d’oro, o altrimenti l’uso dei diversi materiali come lo specchio e il vetro – a far vivere questi sprazzi di natura oltre le pareti. Alla Cà d’Oro, Maddalena Martinengo racconta se stessa attraverso equilibrati contrasti che si materializzano sulle tele. L’evanescente vitalità dei suoi fiori, trova inoltre complice la scalinata di Piazza di Spagna su cui si affaccia la Galleria, ornata da altrettanti coloratissimi fiori, dando vita ad uno scambio sinergico: lo spazio circostante e quello più distante oltre l’orizzonte.
L’arte così coinvolge in modo unico conoscenza sensoriale e conoscenza intellettuale, arricchendo i nostri pensieri. I dipinti di Maddalena esposti alle pareti, i suoni e i colori dell’ambiente in cui si trovano, risultano l’oggetto dei sensi e trovano conferma nella ricerca di un rapporto di continuità con la realtà quotidiana, così com’è stato per la prospettiva rinascimentale. E infatti Maddalena, pur ricercando la novità attraverso la sua arte, rimanda costantemente i suoi riferimenti pittorici alla sua personale formazione accademica, fondata sullo studio dall’arte classica. Quindi è facile supporre come per quest’artista, anche la rottura estetica con la cornice tradizionale, non sia altro che il percorso adottato per qualificare il quadro come una finestra albertiana sulla storia. Con questa intenzione, le opere della Martinengo non sono dei semplici oggetti autosignificanti, ma divengono esse stesse sistemi aperti di relazioni che coinvolgono l’intera sfera sensoriale del fruitore nella sua indivisibilità.
L’assonanza immaginaria tra lo spettatore e l’artista dunque, si va in questo modo rafforzando in uno scambio reciproco dei ruoli, in cui lo spettatore ora si identifica nell’artista per condividerne assolutamente il pensiero. “Je ne suis pas la rose, mais j’ai vécu avec elle”, “non sono la rosa ma ho vissuto con lei” (B.Constant).