VEDO DIVERSO di Floriana Cason
Pensiamo a Floriana Cason come ad una donna a 360° o come ad un perno di una tettoia ad ombrello, avvitato sopra le antiche giostre di un tempo. Immaginiamo Floriana dall’alto che osserva l’andamento lento di un girotondo continuo, di un movimento perpetuo senza inizio né fine: l’artista riflette puntando lo sguardo su questo frammento cosmico in miniatura, le cui informazioni la riportano indietro con la memoria, risvegliandone i ricordi lontani ma non ancora perduti. Floriana trae ispirazione per la sua opera dalla gente comune ma facendo riferimenti precisi a episodi e a personaggi che in qualche modo hanno contribuito a modificare l’esistenza dell’uomo su questa terra. Ella si rivolge ad eventi del passato o contemporanei riconducibili al campo della scienza, della fisica, della musica e della cultura, con un unico fine personale sempre rivolto al sociale. Floriana Cason si inoltra in un percorso di crescita interiore che iniziando da lei stessa, si rivela lentamente attraverso la propria opera, come il risultato pittografico frutto di lunghe ricerche tecniche e tematiche: ella è quindi riconoscibile come colei che esprimendosi in termini estetici, plasma la propria sensibilità astratta in una forma concreta con evidenti rimandi alla propria poetica di fondo. La Cason è anche detentrice di formule segrete con cui suggerisce ai piccoli bambini del children’s department fin dai loro primi passi, come seguire un cammino sensato e senza inganni, per cui serba loro un monito preciso: “nobody say it’s easy.” Nell’elaborazione dei suoi lavori, lentamente l’artista mette a fuoco una metodologia in cui ella fonde il linguaggio razionale e dell’istintualità al dato scientifico-culturale. Come fosse un deus ex machina la Cason dà forma e vita a dei personaggi, i suoi burattini, ritagliandone le sagome dalle pagine dei quotidiani. Sono creature che prima ancora di realizzarle, racconta Floriana, le appaiono in sogno, quasi a volerne provare l’autenticità e la purezza del forte intento di riscatto di cui sono armati, fin dal profondo del suo inconscio ancora incontaminato. La carta è fragile così come lo è l’esistenza umana, eppure è capace di trasmettere contenuti importanti, così come ne divengono messaggeri i protagonisti che Floriana realizza nei suoi quadri con le sue mani, prima ancora che nei suoi pensieri. Forbici e fili di nylon a cui appenderli in scenari reali, preesistenti come il giardino di casa, a cui spesso l’artista partecipa inserendovisi fisicamente così come farebbe un maestro per meglio istruire i suoi allievi. I suoi quadri, quelli di grandi metrature come i più piccoli, diventano vere e proprie opere-manifesto come il “Il trascinatore” con cui si apre la mostra, il cui significato dedicato alla potenza del network è tuttavia in apparente antitesi con il tema generale delle altre opere esposte: essa è il fulcro da cui si parte per un cammino a ritroso procedendo come “moschettieri a cavallo nell’universo” alla riconquista di quei valori altrimenti dimenticati. La linfa vitale di cui si nutrono i personaggi di Floriana Cason, giunge da lontano e lentamente viene alimentata da altre immagini familiari, così come le idee già ben radicate nella sua mente, una volta trasferite nei suoi quadri acquistano una forza inedita. Ancora si assiste alla simbiosi tra figurazione e astrazione: i significati delle opere di quest’artista romana assumono perentorietà e assolutezza senza volersi imporre nella loro totalità, ma piuttosto prediligendo la scelta per una semantica giocosa e di libera interpretazione, in perfetta sintonia con lo spirito della Cason. L’obiettivo del suo lavoro mira al superamento della pura percezione, laddove i segni, i gesti, gli itinerari tracciati da quei “geni di passaggio”, ora scanditi dalla presenza di spartiti musicali, ora da formule fisiche soltanto suggerite, sono il primo richiamo attraverso cui potersi esprimere in totale armonia con le proprie idee. L’artista elabora gli input del mondo contemporaneo, gli stimoli visivi, sonori, emozionali, in un personalissimo sistema che ella associa alla propria poetica compositiva di fondo, meticolosamente curata dal punto di vista compositivo e da cui trapela sempre il suo messaggio: mai gridato ma puntuale. I burattini sono l’espediente in cui Floriana traspone la sua totale identità così ricca di ideali a evocare suggestioni dimenticate o non sufficientemente avvalorate in questo tempo: quei ritagli che scaturiscono come dati estemporanei dai suoi pensieri, l’artista poi gli assembla in scenografie reali; in dei piccoli teatrini abitabili dove la storia si evolve prendendo la sua forma definitiva. L’utilizzo della macchina fotografica serve a Floriana solo ad immortalare quel preciso momento, in cui vi è contenuto già il bozzetto dell’opera prima che la si completi altrove: con la stampa su metallo e l’aggiunta del colore ad acrilico, adesso l’artista firma questo suo ultimo intervento e a proteggere le opere finite, vi sovrappone lastre in plexiglas colorato. Emergono per caso similitudini tra il lavoro di Floriana Cason e quello di un grande artista che nella sua professione seppe confondere finzione e realtà riportando gli accadimenti della vita quotidiana su di un palcoscenico e viceversa. Pensiamo ad esempio ai protagonisti di “Uno nessuno centomila” dove Luigi Pirandello non descrive persone ma “maschere”, ognuna di esse con un ruolo sociale, come la mamma, la figlia, l’amica o il professore proprio come Floriana cela se stessa dietro i suoi burattini. Usando queste denominazioni tuttavia non è possibile distinguere in modo esatto dei comportamenti sempre uguali per ciascuno, in quanto si è tutti in continua, perenne trasformazione, così come lo sono le circostanze e gli interlocutori con cui si interagisce quotidianamente. Floriana Cason proprio come Luigi Pirandello realizza teatrini senza Atti e senza Scene nel suo narrare come la vita non conosca interruzioni. Ecco che ritorna il motivo iniziale della giostra che sin dal principio di questo suo raccontarsi Floriana, non ha mai smesso di osservare: quel continuo movimento senza inizio né fine, esattamente come il flusso di uomini e il loro peregrinare meravigliosamente descritto da Pirandello, mentre cercano di “intrappolare” delle maschere dietro cui poter recitare ciascuno la parte assegnata. Il lavoro di Floriana Cason intende stravolgere il senso negativo di questo ripetersi della tragedia dell’incomunicabilità, già raccontata da Pirandello ma che purtroppo è tema ricorrente della cronaca contemporanea. Nell’opera “L’emigrazione” infatti, sono proprio i ripetuti sbarchi di emigranti a Lampedusa a essere ricordati, dove c’è una bambina la cui nuova formula “fiducia in chi s’impegna” esprime le intenzioni di tutti coloro che come lei vorrebbero vincere fenomeni concatenati come l’ignoranza e il razzismo, con la sola forza di volontà. I “Sei personaggi in cerca d’autore” incarnavano ognuno una visione diversa dello stesso dramma, ma che ciascuno di essi viveva singolarmente come una propria verità inconciliabile con quella degli altri, senza riuscire a trovare una via di scampo a questo stato di irreversibile chiusura reciproca: i pupazzi della Cason all’opposto sono comunicativi e non a caso, proprio come pagine aperte di un giornale, suggellano sulla loro pelle il superamento di mali come l’individualismo e l’egoismo, rivolgendo il proprio pensiero ad un pubblico bisognoso di semplici “istruzioni per l’uso”. Nell’opera“La Dama Bianca”, si assiste al dramma vissuto dal singolo individuo, troppo debole per superarlo con le sue sole forze: in quest’opera l’artista diffida dalle apparenze per il riaffermarsi dell’esistenza seppur caduca come la carta. A questa figura ingannevole si oppone un altro pupazzo fantastico che fa da protagonista nell’opera il “Guerriero della Luce” la cui presenza è assai rassicurante nell’indicare che il ritorno sulla retta via è da tutti perseguibile. Ciascuno uomo nell’opera pirandelliana non può essere riprodotto veramente, né forse capito fino in fondo. Tuttavia questo esistere indefinito e che inevitabilmente muta col trasformarsi delle circostanze della vita, in questo ricorrente sovrapporsi delle parti, è ciò che Floriana racconta nei suoi quadri ma senza voler pronunciare alcuna pessimistica condanna su questa realtà. Floriana Cason asseconda piuttosto la propria urgenza con cui esaminare le scelte del suo passato con occhi finalmente diversi e per cui realizza una mise en scène pittorica connotata da fiabesca ironia, senza perdere mai contatto con il mondo reale: unica fonte d’ispirazione durante tutto il suo appassionante lavoro.
Miriam Castelnuovo